Blog

Design Thinking: un metodo iterativo per risolvere i problemi più complessi

5 Aprile 2024 UX Design

Cos’è il Design Thinking

Il Design Thinking è un metodo che ha rivoluzionato il modo in cui le aziende e le istituzioni possono affrontare i problemi “complessi” (wicked problems), ovvero quelli inusuali, in continuo cambiamento, incompleti e difficili da definire.

Affonda le sue radici negli anni ‘50 e ‘60 nell’ambito dell’architettura e dell’ingegneria.

Negli anni si è evoluto, in particolare la d.school, l’Istituto di Design Hasso Plattner di Stanford, ha notevolmente contribuito alla sua implementazione e alla sua diffusione e adesso è un metodo fondamentale in molte grandi aziende come IDEO.

Il modello di Design Thinking della Stanford University è composto da cinque fasi (empathise, define, ideate, prototype e test) che possono ripetersi in modo non sequenziale.

Vediamole insieme.

Foto di UX Indonesia su Unsplash

Empathise

Il Design Thinking non può iniziare senza una profonda comprensione delle persone per le quali progettiamo. La prima fase del processo, infatti, prevede la ricerca incentrata sull’utente così da capirne bisogni, pensieri, desideri, emozioni e motivazioni.

Questa fase è fondamentale perché ci permette di vedere il problema con le lenti di chi lo vive realmente e non più sulla base delle nostre ipotesi.

Alcune delle tecniche più utilizzate sono:

  • le interviste (generalmente utilizzando la tecnica del “What, How, Why”),
  • l’osservazione etnografica (anche digitale),
  • il diario,
  • le storie,
  • il bodystorming.

Define

Lo scopo della seconda fase è quello di organizzare e analizzare le informazioni raccolte durante la fase di ricerca.

Definire correttamente e in modo esaustivo il problema ci permette di seguire la giusta direzione nelle fasi successive. Un buon problem statement dovrebbe essere:

  • incentrato sull’utente (e non sulla tecnologia, i guadagni o le specifiche del prodotto),
  • abbastanza ampio per non limitare la libertà creativa del team (non dovrebbe concentrarsi su un metodo specifico),
  • abbastanza stretto e specifico per essere gestibile.

Alcune delle tecniche più utilizzate in questa fase sono:

  • le empathy map,
  • il Point of View,
  • le How-Might-We,
  • la Why-How Laddering.

Ideate

Lo scopo della terza fase è quello di generare idee innovative per risolvere il problema utilizzando tecniche come:

  • il brainstorming,
  • il brainwriting,
  • il braindumping,
  • la worst possible idea.

L’obiettivo di questa fase non è quello di trovare subito l’idea perfetta, ma quello di proporne talmente tante, anche le peggiori possibili, per arrivare a idee sempre migliori, pratiche e innovative.

Prototype

Uno dei modi migliori per ottenere informazioni in un processo di Design Thinking è quello di

creare dei prototipi, ovvero una versione iniziale, economica e ridotta della soluzione che si intende realizzare in modo da testarne la validità e, successivamente, implementarlo (e testarlo di nuovo) prima di realizzare il prodotto definitivo.

I prototipi possono essere a bassa oppure ad alta fedeltà: i primi sono più semplici e veloci sia da realizzare che da modificare e per questo vengono utilizzati generalmente nelle fasi iniziali; i secondi, invece, sono più realistici e chiari per gli utenti e gli stakeholder, ma realizzarli e modificarli è molto più impegnativo, quindi generalmente vengono realizzati soltanto alla fine.

Test

If you’re not prepared to be wrong, you’ll never come up with anything original” – Sir Ken Robinson

La quinta fase del processo di Design Thinking è quella in cui testiamo il prototipo con gli utenti per capire come lo utilizzano, che difficoltà incontrano e come si potrebbe implementare. È anche un’occasione per capire meglio i loro bisogni, desideri ed emozioni, per definire con più chiarezza il problema e avere delle nuove intuizioni.

Se possibile, è sempre meglio svolgere i test nell’ambiente in cui gli utenti utilizzerebbero realmente il prodotto, ricordare alle persone che stiamo testando il prototipo e non le loro competenze, non dargli troppe informazioni e osservare con attenzione i loro comportamenti senza influenzarli.

Per concludere

Le cinque fasi del processo di Design Thinking non sono sempre sequenziali, è un processo iterativo e “non ordinato”. Alcuni team potrebbero lavorare a più fasi contemporaneamente (ideazione e prototipazione, per esempio) e/o ripetere le fasi iniziali anche dopo aver concluso i test (da cui generalmente emergono dettagli preziosi per implementare i prototipi).

Chiara Diana
Linkedin