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Laws of UX: la psicologia al servizio del design

14 Aprile 2023 UX Design

“Una comprensione della psicologia, in particolare la psicologia alla base del modo in cui gli utenti si comportano e interagiscono con le interfacce digitali, è forse l’unica abilità non progettuale più preziosa che un designer possa avere”

Jon Yablonski

Laws of UX: Using Psychology to Design Better Products and Services” è un libro di Jon Yablonski, una vera e propria guida per creare dei prodotti più intuitivi e incentrati sull’uomo, in cui vengono raccolte le 10 euristiche psicologiche più importanti per la progettazione della User Experience. In questo articolo le vediamo, in sintesi, una per una.

La legge di Jakob: l’importanza della familiarità

La legge di Jakob (Nielsen) afferma che le persone quando interagiscono con un’interfaccia si aspettano che funzioni come tutte le altre o, quantomeno, in modo molto simile.

Interagendo con tantissime interfacce diverse ma che rispettano degli standard, infatti, ci siamo creati dei modelli mentali (ciò che pensiamo di sapere di un sistema sulla base delle nostre esperienze passate) che ci permettono di risparmiare tantissime energie (in gergo tecnico diremmo che il carico cognitivo sarebbe decisamente inferiore) e, soprattutto, di concentrarci sull’azione che vogliamo compiere (ad esempio un acquisto) senza perdere tempo nel cercare di imparare il funzionamento dell’interfaccia.

Tanto più un obiettivo è facile da raggiungere, tanto più è probabile che lo facciamo con successo (e più volte nel tempo).

La legge di Fitts: l’importanza della dimensione e della distanza

La legge di Fitts afferma che il tempo necessario a un utente per interagire con un oggetto è relativo alle sue dimensioni e alla sua distanza.

In altre parole, selezioniamo in meno tempo e con più facilità gli oggetti più grandi e più vicini e abbiamo bisogno di più tempo per selezionare gli oggetti più piccoli e lontani.

Come puoi applicare questa legge alle interfacce?

  • Progetta degli elementi più grandi (ad esempio i pulsanti per le Call to Action);
  • Applica delle etichette alle icone (questo è fondamentale anche per ridurne l’ambiguità e renderle più comprensibili) e rendi cliccabile l’intera area;
  • Non mettere due componenti cliccabili troppo vicine perché il rischio che l’utente clicchi accidentalmente quella sbagliata è molto alto.

La legge di Hick: il paradosso della scelta

La Legge di Hick afferma che il tempo necessario per prendere una decisione aumenta con il numero e la complessità delle scelte disponibili.

Sembra controintuitivo, ma offrire troppe opzioni aumenta il carico cognitivo degli utenti e ne rallenta le scelte. Inoltre, selezionando un’opzione quando ce ne vengono proposte tante, siamo più portati a chiederci se la nostra sia stata la scelta migliore oppure no e questo genera un senso di frustrazione che rovina la nostra esperienza.

Quindi, soprattutto quando i tempi di risposta sono critici, è preferibile:

  • Ridurre al minimo le scelte;
  • Scomporre le attività complesse in attività più semplici e brevi;
  • Indirizzare gli utenti verso le scelte ottimali;
  • Utilizzare un onboarding progressivo.

Anche in questo caso, più è semplice raggiungere un obiettivo, più è probabile che l’utente lo raggiunga.

La legge di Miller: il magico numero 7

La Legge di Miller afferma che una persona media può conservare solo 7 (± 2) elementi nella propria memoria di lavoro. 

In altre parole, riusciamo a tenere a mente circa 7 elementi per volta, alcune persone un po’ meno (5 o 6) e altre un po’ di più (8 o persino 9).

Tuttavia, se li raggruppiamo (utilizzando quella che in gergo tecnico si chiama tecnica del chunking) riusciamo a tenerne a mente molti di più.

Un esempio emblematico di chunking che quasi tutti utilizziamo è la suddivisione in gruppi (generalmente di due o tre elementi) dei numeri di telefono. Nel caso delle interfacce, invece, possiamo notarlo spesso negli e-commerce in cui le informazioni relative ai vari prodotti sono fornite in moduli ben distinti tra loro. In questo modo gli utenti possono scansionare velocemente l’intera pagina, trovare facilmente il prodotto di loro interesse e quindi elaborare, comprendere e memorizzare facilmente le informazioni più importanti.

La legge di Postel: l’importanza della robustezza

La Legge di Postel, nota anche come principio di robustezza, afferma: “Siate conservatori in ciò che fate, liberali in ciò che accettate dagli altri”.

Significa che è fondamentale creare delle interfacce facili da usare per il più ampio spettro di utenti possibile ma anche prevedere e saper codificare una grande varietà di input come, ad esempio, l’uso del mouse e/o della tastiera e/o di tecnologia assistiva.

Tanto più riusciamo ad anticipare e a pianificare, tanto più il progetto sarà robusto.

Un ottimo esempio di applicazione di questa legge è il riconoscimento facciale: un tipo di input completamente diverso dal più tradizionale inserimento di una password, molto più pratico e veloce per gli utenti, in grado di garantire, non solo un output strutturato, ma anche un’esperienza utente più piacevole.

La regola del picco finale: l’importanza del ricordo delle esperienze

La regola del picco finale afferma che giudichiamo un’esperienza, non sulla base della media di ogni momento, ma in base a come ci siamo sentiti al suo culmine e alla sua fine e che ricordiamo le esperienze negative in modo più vivido di quelle positive.

I progettisti di Mailchimp (piattaforma di automazione per l’e-mail marketing) l’hanno compreso a fondo e, sapendo che il processo di creazione di una campagna e-mail può essere piuttosto stressante e che il momento in cui si sta per premere Invia per inviare la mail a tantissime persone (parte finale di un’esperienza) è un momento di grande emozione, l’hanno reso significativo.

Mailchimp, infatti, empatizza con l’utente nel momento di massima tensione raffigurando Freddie (lo scimpanzé mascotte dell’azienda) mentre tiene il dito in bilico su un grande pulsante rosso con un leggero tremolio della mano e delle gocce di sudore in volto (picco di massima tensione) per poi dare un cinque per rassicurarlo nella schermata di conferma rendendo così, bella, coinvolgente e memorabile, la fine di un’esperienza.

L’effetto estetica-usabilità: la prima impressione è fondamentale

L’effetto estetica-usabilità dimostra che un design esteticamente gradevole viene percepito come un design più utilizzabile perché crea una risposta positiva nel cervello delle persone stimolando le loro capacità cognitive e rendendole persino più tolleranti nei confronti dei piccoli problemi di usabilità.

Questo principio è fortemente collegato al primo dei tre livelli di esperienza individuati da Donald Norman (viscerale, comportamentale e riflessivo).

Le prime impressioni hanno un ruolo fondamentale perché le reazioni emotive che il nostro cervello produce in risposta a degli stimoli, ci permettono di emettere dei rapidi giudizi (non necessariamente veritieri) sul funzionamento di un prodotto.

Un’azienda che sfrutta questo principio è la Apple, che crea dispositivi dell’estetica minimalista e raffinata ed interfacce eleganti e facili da utilizzare.

L’effetto Von Restorff: l’importanza di differenziare gli elementi importanti

L’effetto Von Restorff afferma che quando sono presenti più oggetti simili, è più probabile che venga ricordato quello che differisce dagli altri.

Questo vuol dire che quando progettiamo dobbiamo distinguere visivamente (solo) le informazioni più importanti avendo cura di non utilizzare il colore come unico elemento distintivo perché escluderemmo le persone daltoniche e quelle ipovedenti.

Un esempio molto comune di applicazione di questo effetto riguarda le tabelle dei prezzi di diversi piani di abbonamento. Generalmente sono almeno tre offerte di cui una, quella che si vuole mettere in evidenza, differisce per colore, dimensione, e posizione.

Nello specifico:

  • I colori dell’intestazione e della Call To Action generalmente sono più forti;
  • L’offerta tendenzialmente si trova in una posizione centrale ed è leggermente più larga rispetto alle altre.

In questo modo si nota decisamente di più e spinge gli utenti a prenderla in considerazione.

La legge di Tesler: anche la complessità è importante

La legge di Tesler, nota anche come legge di conservazione della complessità, afferma che per ogni sistema esiste una certa quantità di complessità che non può essere ridotta.

Semplificare è importante, ma semplificare troppo è controproducente perché rischiamo di rendere gli elementi troppo astratti e quindi più difficili da comprendere.

In ogni processo c’è una quantità necessaria di complessità che non può essere rimossa.

In un modulo di checkout, ad esempio, non possiamo eliminare i dati di pagamento e fatturazione però possiamo offrire la possibilità di memorizzarli o di usare servizi come PayPal oppure Apple Pay eliminando l’attrito e mantenendo l’esperienza piacevole.

La soglia di Doherty: come ridurre i tempi di attesa

Infine, la soglia di Doherty afferma che la produttività aumenta quando un computer e i suoi utenti interagiscono a un ritmo (<400 ms) che assicura che nessuno dei due debba attendere l’altro, sia che si tratti del tempo di caricamento della schermata iniziale, sia che si tratti del tempo di risposta di un feedback.

I tempi di attesa causano frustrazione nelle persone perché iniziano a sentirsi sempre meno in controllo della situazione, la loro attenzione diminuisce e la probabilità che abbandonino la pagina aumenta.

Talvolta però non possono essere né eliminati né ridotti e in questo caso è utile ridurre quantomeno il tempo di attesa percepito, ad esempio inserendo delle animazioni, una barra di avanzamento o la presenza di una schermata scheletrica.

In questo modo, oltre a fornire un interesse visivo all’utente e quindi a ridurre la sua  percezione dell’attesa, lo rassicuriamo sul fatto che l’azione è in fase di elaborazione.

Per concludere

Creare prodotti ed esperienze intuitive è il compito di ogni UX Designer.

Tenere sempre a mente questi principi psicologici può essere di grande aiuto per fare in modo che non siano gli utenti ad adattarsi al design, ma, viceversa, il design ad adattarsi agli utenti.

Chiara Diana
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