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Le dieci cose che ogni CEO dovrebbe sapere sulla UX

17 Novembre 2018 UX Design

Nell’intersezione tra il marketing, la comunicazione e il design si colloca la figura dello User Experience (o semplicemente UX) Designer.

Il ruolo e le competenze di questa figura emergente nell’era della digitalizzazione esperienziale vengono raccontati nel nostro libro #UX Designer. Progettare l’esperienza digitale tra marketing, brand experience e design, edito da Franco Angeli nell’ambito della collana Professioni Digitali.

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Il breve saggio è una guida pragmatica che contiene modelli teorici e riferimenti alla letteratura, ma anche e soprattutto indicazioni sugli strumenti della UX, sui modelli da imitare nella pratica quotidiana e sul giusto approccio di co-progettazione da seguire. In particolare, il volume ha l’obiettivo di raccontare il mestiere dello UX Designer enfatizzando come l’esperienza d’uso rappresenti il collante alla base di ogni strategia di brand, la leva sulla quale si configurano diversi livelli di scelte: da quelle di tipo strategico, fino alle soluzioni di interfaccia grafica.

Il libro è utile sia a chi vuole orientarsi o specializzarsi nel campo della UX, che a chi, partendo da altre competenze e punti di vista, vuole conoscerne prerogative e specificità. La spiegazione di teorie e di tecniche è affiancata da best practice di settorecasi studio, indicazioni, link e spunti da approfondire.

Siamo partiti dalla definizione del concetto di “esperienza-utente”, inquadrandola nello scenario attuale ed aprendo a prospettive future. Successivamente illustriamo le skills e le competenze necessarie per intraprendere questa professione e di seguito entriamo nel dettaglio delle metodologie, chiarendo le varie fasi del processo iterativo di progettazione e i tools indispensabili. Infine, l’esperienza digitale viene inquadrata in una cornice più ampia di strategia aziendale, che chiama in causa il branding e il digital marketing.

Ecco quindi le 10 domande che ogni digital marketer dovrebbe sapere per capire la UX e, soprattutto, per tarare le sue aspettative sul lavoro dell’UX Designer.

 

1) Cosa è la User eXperience (UX)?

UX sta per User Experience, quindi lo UX design si occupa di progettare – per quanto possibile – l’esperienza di un utente relativamente all’uso di un prodotto digitale – sito web, app mobile, software o altro.
La norma ISO 9241-210:2010 definisce la User Experience come “l’insieme di percezioni della persona e risultati derivanti dall’uso e/o dall’aspettativa d’uso di un prodotto, sistema o servizio”.
In effetti quel particolare tipo di esperienza che è l’esperienza d’uso ha origine in una esigenza, un obiettivo che il soggetto deve raggiungere per il tramite dell’oggetto in questione. Ciò comporta che su di esso pendano delle aspettative di tipo pragmatico (prevediamo che ci consenta di raggiungere il nostro scopo), ma anche di carattere “estetico” (desideriamo cioè che la fruizione risulti piacevole).
Inoltre, un altro elemento è fondamentale nella connotazione di una esperienza: il contesto nel quale essa ha luogo. Contesto inteso non soltanto come luogo fisico, ma in senso più ampio, come scenario culturale, simbolico e sociale nel quale l’esperienza dell’utente avviene. Nell’utilizzare un oggetto o usufruire di un servizio, compiamo inevitabilmente un atto che ha una valenza sociale: quel dato oggetto o servizio, infatti, è stato scelto in un’offerta di altri simili per l’immagine che esso (o il brand che lo propone) ha sul mercato. 

il ciclo dell’Esperienza Utente (UX) Fig. 1 – Il ciclo dell’Esperienza Utente (UX)

 

Oltre quindi al fatto di essere “user friendly” – ovvero efficiente ed efficace dal punto di vista delle “prestazioni” – per un prodotto/servizio digitale è fondamentale possedere un attributo qualitativo imprescindibile: quello della piacevolezza. Questo aspetto assume un peso sempre crescente per diversi ordini di motivi: innanzo tutto c’è da dire che la tecnologia e il digitale sono ovunque.
Quasi ogni nostra attività quotidiana è supportata ormai da un dispositivo digitale e il mercato presenta pertanto un’offerta sovrabbondante di qualunque tipo di prodotto; la concorrenza è serrata, e con questa l’aspirazione al dominio del mercato e alla fidelizzazione del cliente.

Inoltre la qualità media dei prodotti tecnologici attuali è piuttosto alta ed appare sempre più evidente come a fare la differenza in termini di vendite sia la componente edonistica della fruizione.

L’esperienza con un dispositivo – dice Norman – inizia con l’apertura della scatola: in sostanza, un oggetto che ci offre un’esperienza anche emotivamente positiva ci induce ad una certa affezione, che si traduce in una fidelizzazione al prodotto stesso.

Detto questo, possiamo certamente considerare che ciò che ciascun singolo utente proverà prima, durante e dopo l’esperienza di acquisto ed uso di un prodotto o servizio digitale è imponderabile. Pertanto, per essere precisi, dovremmo dire che il focus dello UX design non è progettare l’esperienza, quanto più progettare PER l’esperienza dell’utente.

 

2) Perché uno UX Designer deve saperne di comunicazione, di marketing, di branding?

Un essenziale bagaglio di conoscenze che uno UX Designer (o semplicemente uno UX) deve possedere fa riferimento alle discipline della comunicazione.

In molti cadono nell’equivoco di considerare i professionisti del digitale come profili legati esclusivamente alla sfera tecnico-informatica del prodotto; tuttavia, ogni volta che un designer progetta un’interfaccia, sia essa digitale o fisica, esso di fatto crea un ambiente di comunicazione. Un’interfaccia è infatti per definizione un tramite, un livello intermedio che divide e allo stesso tempo unisce (mette appunto in comunicazione) l’utente e il sistema con cui questi interagisce.

Tale livello – nel caso di un prodotto o servizio – dovrà quindi essere intellegibile, intuitivo, piacevole, ma anche veicolare i valori, la visione, l’immagine del brand che lo ha creato. È in questo senso che un buon UX Designer deve saper essere un buon comunicatore.

Va da sé che quando si parla di comunicazione riferendosi all’ambito dei prodotti e servizi, il passaggio al marketing è immediato ed inevitabile; nel nostro caso poi, è altrettanto scontato che il dominio di riferimento sia quello del marketing digitale.

Se la funzione principale del marketing è quella di creare valore per il brand tramite la comunicazione, di vendere, “far volere qualcosa alle persone”, quella dello UX design è creare valore per il cliente soddisfacendone le esigenze – in altre parole “fare qualcosa che le persone vogliono”. Se il marketing studia i clienti per proporgli l’offerta più adatta, la UX lo fa per comprenderne i bisogni e cercare di soddisfare le loro esigenze.
In definitiva, entrambi gli approcci fanno ricerca sul comportamento umano – il marketing più quantitativa, mentre la UX più qualitativa – perseguendo un fine comune: garantire al cliente un’esperienza straordinaria, che consentirà al business di battere la concorrenza. È per questo che le competenze fondamentali dello UX non riguardano solo l’area del design, ma sono estese e compatibili con il marketing digitale.

UX Design e Digital Marketing

Fig. 2 – UX Design e Digital Marketing

 

3) Lo UX Designer è anche un grafico, un creativo?

Le conoscenze di comunicazione che uno UX Designer deve avere non si esauriscono al solo ambito testuale e linguistico, ma devono estendersi anche a quello visivo. Chi si occupa di realizzare e valutare esperienze d’uso deve infatti essere in grado di riconoscere quando un prodotto è ben concepito dal punto di vista estetico e grafico, oltre ovviamente ad essere funzionale e ben centrato sulle esigenze degli utenti.

Per questo uno UX designer è tenuto ad avere anche conoscenze (non per forza operative) di visual design: l’aspetto dell’interfaccia-utente di un sistema ha legami diretti con la definizione della brand identity di chi lo produce. Stiamo di nuovo riferendoci ad aspetti di comunicazione, in particolare di comunicazione visiva. Sarà importante che lo UX intuisca come il prodotto sarà percepito dagli utenti in termini di posizionamento sul mercato, anche sulla base del suo mood grafico.

L’esperto di UX dovrà e potrà quindi dire la sua sulla scelta dei colori, sullo stile di impaginazione, sull’utilizzo dei font e così via, poiché dovrà bilanciare scelte di gusto estetico/artistico con esigenze più legate all’usabilità del prodotto.

 

4) Lo UX Designer è un informatico?

Lo UX designer viene spesso considerato un profilo prevalentemente tecnico; sono in molti infatti a considerarlo un professionista dotato prima di tutto di forti competenze informatiche o comunque specializzato nel campo delle tecnologie digitali. Nella sua versione più estrema questa credenza si spinge fino a considerare lo UX alla pari di uno sviluppatore. Le offerte di lavoro che le aziende propongono confermano spesso questa impressione: le skills richieste per uno UX ruotano a volte intorno all’ambito strettamente informatico: sviluppo di CSS, conoscenza di HTML, PHP, ecc.

Lo UX designer però è tutt’altra cosa. Il suo bagaglio formativo è principalmente basato su discipline umanistiche (declinate certamente sul design e nello specifico legate al mondo del digitale): questo lo pone su un livello completamente diverso dai profili dedicati alla realizzazione ingegneristica e pratica dei prodotti digitali (gli sviluppatori o i grafici) . Anche se una buona conoscenza delle tecnologie è comunque necessaria per svolgere bene questo lavoro, il focus dello UX  designer è più sulle persone che sulla tecnologia.

 

5) Quali relazioni ha lo UX Designer con le diverse funzioni aziendali?

Come è stato detto poco fa, lo UX designer deve necessariamente avere competenze di comunicazione, marketing, branding… questo non significa che egli si sostituirà alle specifiche figure professionali che si occupano di queste materie, ma che sarà in grado di dialogare con loro.

E in effetti dovrà farlo, in particolare nelle fasi di un progetto in cui è necessario stabilire gli obiettivi strategici dello strumento che si sta progettando. All’avvio di un progetto, le figure di riferimento con cui lo UX si confronta non posseggono competenze di design, ma si concentrano sugli obiettivi di business e sulla vision generale. Il materiale di discussione che viene condiviso consiste normalmente in un’idea delle funzionalità attese che il prodotto dovrà avere e in alcuni obiettivi strategici da raggiungere.

Compito dell’UX designer è quello di aiutare queste figure a chiarire bene gli  obiettivi ed esplorare possibili alternative non necessariamente contemplate dall’analisi interna, anche attraverso momenti di contatto con l’utenza finale al fine di meglio definire i requisiti di prodotto.

Nella prospettiva ottimale, l’esperienza-utente arriva a guidare le decisioni di marketing; nella peggiore delle ipotesi invece, il reparto digital marketing non riesce a percepire il valore dello user experience design, enfatizzando così il divario tra aspirazioni e fattibilità.

Per questo, è importante che la UX non sia di pertinenza e responsabilità esclusiva del singolo progettista, ma dell’intero team di progetto: la collaborazione precoce e costante è la chiave per risparmiare investimenti e tempistiche e ottenere il prodotto più soddisfacente per il business da un lato, per il cliente dall’altro.

Si è detto anche che lo UX – in quanto figura professionale con una precisa collocazione – non è un grafico (uno UI designer), né un informatico. Tuttavia, analogamente a quanto detto per il branding, egli non potrà ignorare questi aspetti.
Lo User Experience designer deve infatti tenere presenti nelle sue riflessioni gli aspetti estetici, di “look&feel” che l’interfaccia finale assumerà, e che influiranno non poco sull’esperienza finale che l’utente avrà del sistema. Per fare questo, dovrà lavorare – nelle fasi intermedie e finali di ogni progetto – insieme ai visual designer, in modo da individuare insieme a loro il “visual mood” (la modalità grafica, l’approccio visivo) più adatto per ogni progetto.

Lo UX Designer è il tramite fra altre figure professionali

Fig. 3 – Lo UX Designer è il tramite fra altre figure professionali

 

Il disegno dell’interfaccia prendere vita infatti dall’unione dello studio sulla struttura logica dell’applicazione con quello visuale e di identità svolto dallo UI designer. La collaborazione tra UX e UI avviene anche, e a maggior ragione, in tutti quei casi in cui è necessario ripensare (o creare da zero) il brand positioning del prodotto.

Un altro stretto collaboratore dello UX è il programmatore, che sarà colui che darà risposte sulla fattibilità o meno delle varie proposte in termini di funzionalità e modelli interattivi e che definirà la priorità alle diverse release, consentendo di conseguenza di effettuare stime sulle tempistiche di rilascio e sui costi di implementazione.
Del resto, uno UX designer non deve e non può progettare “a ruota libera” sistemi e interfacce innovativi, senza tenere presenti le possibilità ed i vincoli presentati dalle tecnologie esistenti o prescelte per il progetto in corso, oppure ignorando i tempi e i costi stanziati.

Lo UX, in definitiva, rappresenta un elemento importante e di raccordo in un team più vasto, in cui esperti di comunicazione e branding, visual designers, informatici, analisti, copywriters (esperti di contenuto), project manager, specialisti in Social Media e SEO… e altre figure che via via saranno necessarie e specifiche di ciascun progetto in particolare, devono collaborare sin dalle fasi iniziali per pianificare al meglio le attività verso gli obiettivi condivisi.

Lo sforzo sarà ricompensato, perché mettere l’utente al centro consentirà di realizzare un prodotto o un servizio digitale utile, usabile, desiderabile, credibile, redditizio.

 

6) Quali sono allora le competenze specifiche di uno UX Designer?

Abbiamo detto che lo UX non è un grafico e non è un informatico, ma che sa di queste discipline abbastanza da saper dialogare con le figure professionali corrispondenti.

Non è un pubblicitario, ma sa di comunicazione e di branding.

Non è un project manager, ma deve essere in grado di pianificare le diverse attività nelle varie fasi di un progetto, raccordando le azioni dei vari professionisti coinvolti…

Insomma, appare chiaro che stiamo parlando di una figura che ha una formazione trasversale, che nello specifico parte dalle scienze umane e, passando attraverso la tecnologia digitale, arriva al design.

Necessarie nel background di uno UX sono infatti solide basi di psicologia ed ergonomia cognitiva (l’area disciplinare identificata come Human Factors – Ergonomics), per conoscere il modo in cui la mente umana percepisce, comprende, ricorda, elabora i dati del mondo reale. Inoltre, occupandosi di esperienza, è importante che uno UX conosca anche i processi legati al vissuto emozionale degli esseri umani.

La semiotica è poi una materia importante nella formazione di uno UX, perché la fruizione digitale ha sempre di più una rilevanza simbolica che, fra l’altro, determina un altro importante “ponte disciplinare”, che lega lo UX Desingn al brand marketing, o meglio al digital marketing.

Nella Human-Computer Interaction (Interazione Uomo-Macchina) – materia di riferimento per tutti gli UX – si convogliano gli studi di psicologia e scienza cognitiva con quelli sulla evoluzione delle tecnologie e infine quelli sul design.

Avere una cultura di design è infatti fondamentale per uno UX, perché fondamentale è il cosiddetto “design thinking” cioè l’approccio progettuale – tipico appunto di coloro che provengono dal mondo del progetto (architetti, designer industriali etc.) – che prevede un focus sulla soluzione piuttosto che sul problema. Si tratta di un modo di procedere per “prova ed errore”, avanzando proposte di soluzione che si avvicinano progressivamente a quella ottimale, attraverso cicli ripetuti di progettazione-valutazione-riprogettazione.

In tutta Italia esistono ormai percorsi formativi specifici atti a formare UX designers, sia di livello universitario che post-universitario o professionalizzante. I primi includono tutte le competenze trasversali di cui si è detto; gli altri permettono di integrare la propria formazione in modi specifici su ciò che eventualmente manca.

 

7) Come può uno UX Designer progettare per aree di business molto diverse fra loro?

La tecnologia digitale, lo abbiamo già ricordato, è ovunque. È in ogni ambito della nostra esistenza e siamo quasi costretti ad utilizzarla per accedere a servizi (banking, servizi sanitari, di mobilità, di fruizione multimediale, cittadinanza digitale etc.), ad attività di svago, all’acquisto di beni e di oggetti di qualunque tipo. La tecnologia digitale è praticamente in ogni oggetto domestico, nei sistemi che impieghiamo per il nostro lavoro, contraddistingue in sostanza ogni momento della nostra quotidianità.

Ognuno di questi innumerevoli oggetti digitali, ognuna delle esperienze d’uso ad essi collegate, è il risultato di un (più o meno efficace) progetto di UX design.

Come è stato ampiamente detto, allo UX designer è richiesta l’attitudine a muoversi in modo trasversale fra vari ambiti disciplinari che spaziano dalle scienze umane al design, dal marketing alla computer science. Una tale formazione multidisciplinare è utile anche a conferire allo UX l’elasticità necessaria a confrontarsi di caso in caso con domini, ambienti e tecnologie anche molto differenti fra loro; è infatti richiesta la capacità di mantenere un solido riferimento al metodo, adattandosi (e adattandolo) al tempo stesso alle specificità di ogni singolo progetto. Un ennesimo elemento di versatilità che contraddistingue questa figura, quindi, è la sua capacità di applicare le proprie conoscenze a domini e in contesti di volta in volta differenti e padroneggiarli fino a diventarne degli esperti.

Certamente il contesto di applicazione ed il dominio di riferimento in cui un sistema digitale (con la sua interfaccia) si inserisce e le funzioni che dovrà supportare, condizionano in modo determinante le modalità di approccio alla progettazione dello stesso.

Il metodo di riferimento rimane evidentemente lo stesso, ma quello che cambierà sarà il tipo e la profondità dell’analisi sugli utenti di riferimento e le considerazioni ed implicazioni in termini di User Experience.

Se sto progettando un portale web o un e-commerce, ciò che non dovrò mai dimenticare – accanto naturalmente all’utente e le sue esigenze/preferenze – sono i messaggi che sto veicolando,  i prodotti che sto proponendo. Questo significa che dovrò attivare e mettere in campo le mie competenze nell’ambito della comunicazione, della psicologia della persuasione, del digital marketing: dargli forma e concretizzarle attraverso elementi di design, layout, “percorsi di acquisto” orientati alla soddisfazione dell’utente ed insieme al risultato commerciale/pubblicitario.

La progettazione di applicazioni e di servizi digitali riguarda a sua volta obiettivi diversi ed implica il coinvolgimento di competenze specifiche, legate innanzi tutto al mondo del mobile – che impone evidentemente caratteristiche e modalità proprie – e a quello del service design. Quando si parla di servizi è molto importante che il designer abbia una approfondita conoscenza dei contesti di accesso e di fruizione di questi ultimi, e che conosca molto dettagliatamente esigenze e criticità degli utenti di riferimento.

Nel progettare un software  il quadro evidentemente cambia nuovamente e si fa più complesso, soprattutto se si parla di sistemi per la gestione di dati e di attività lavorative. I sistemi di CRM per esempio, o quelli per la gestione e l’aggiornamento dei servizi e dei dati sanitari, si collocano in contesti ad elevata complessità e criticità, non solo perché “maneggiano” dati sensibili, ma anche perché vengono utilizzati in contesti lavorativi, fatti di routine, potenziale stress, alta probabilità di errore.

In queste situazioni il designer deve quindi prendere in considerazione tutti gli elementi, funzionali e di contesto, per poter procedere ad una corretta definizione della struttura (o Architettura Informativa) del sistema da progettare.

Riassumendo, cambiando il tipo di interfaccia da progettare e la funzione da supportare, cambiano le attività da portare avanti e le competenze specifiche da attivare e si realizza per lo UX la necessità di apprendere di volta in volta nozioni specifiche di quel determinato dominio. Rimane però costante il metodo e la necessaria attenzione all’utente.

 

8) Qual è il metodo lavorativo di riferimento di uno UX Designer?

Lo User Centred Design (UCD), o Design Centrato sull’Utente, rappresenta il “gold standard”, il paradigma di riferimento per lo UX design. La dicitura (introdotta da Norman, 1986), si riferisce alla necessità di “progettare per” l’utente, ovvero quella di adottare una prospettiva e un punto di vista progettuale che non fosse quello del progettista stesso, ma quello dell’utilizzatore finale.

Negli anni l’approccio è diventato una vera e propria metodologia e ha esteso il concetto di centralità dell’utente fino a coinvolgere direttamente quest’ultimo nel processo di progettazione. Non si tratta cioè semplicemente di progettare per l’utente, ma di progettare con quest’ultimo.

Il metodo previsto dall’approccio UCD prevede infatti un coinvolgimento attivo degli utenti in tutte le fasi della progettazione, secondo un’ottica che definisce lo UX designer come un interprete delle loro esigenze e preferenze.
Altra caratteristica qualificante dello UCD è l’iteratività: esso si distingue quindi nettamente dal classico modello “a cascata” tipico dell’ingegneria del software. Il processo di design di un artefatto tecnologico non procede infatti in linea retta dal brief all’implementazione, ma prevede più cicli di valutazione (anche e soprattutto con utenti) e “correzione”/ri-progettazione: un modo di procedere euristico insomma, in un percorso di progressivo avvicinamento all’optimum. Questo è un altro elemento che conferma la centralità dell’utente e rende il lavoro dello UX meno autoreferenziale (e quindi più complesso); infatti il designer “non può permettersi” di concepire un’idea e realizzarla seguendo la sua ispirazione e il suo gusto, ma deve sempre confrontarsi con il suo destinatario, raccoglierne le preferenze, i commenti, i suggerimenti e modificarla di conseguenza.

il processo ux design

Fig. 4: Il processo UCD

 

Nello specifico, le fasi fondamentali previste dallo UCD sono 3:

  • L’Analisi, che consiste da una parte nella definizione degli obiettivi di business e delle caratteristiche del mercato in un dato momento e dall’altro nella raccolta di informazioni sugli utenti, sulle loro abitudini e necessità, sui contesti d’uso. Tale fase è orientata alla definizione dei requisiti funzionali e non funzionali del sistema e alla tipizzazione degli utenti di riferimento;
  • La Progettazione, che consiste nella realizzazione – a seconda della fase di progetto in cui ci si trova – di bozze di layout o veri e propri prototipi dell’interfaccia;
  • La Valutazione, ovvero la verifica di quanto progettato, anche con diretto coinvolgimento di utenti-target (come ad esempio negli User Test). Tale fase ha come risultato una serie di informazioni aggiuntive ed acquisizioni che vengono poi tradotte in indicazioni di re-design ed attivano un nuovo ciclo di progettazione.

Il numero di cicli da fare prima di scegliere la soluzione definitiva per l’interfaccia e procedere allo sviluppo dipenderà dal singolo progetto, dalle risorse presenti, dai tempi stimati.

 

9) Lo UX Designer fa gli interessi del business o quelli dell’utente?

Si potrebbe dire che lo UX designer, in quanto esperto di psicologia cognitiva e in quanto fedele ai principi dello User Centred Design, abbia la tendenza a pensare che sia l’utente in ultima analisi a decidere le caratteristiche di un prodotto digitale.

Beh… in un dato senso è vero che “l’utente ha sempre ragione”: nel senso che lui e solo lui conosce realmente le proprie esigenze, i propri gusti, le proprie abitudini di utilizzo relativamente ad una determinata tecnologia.

… Ma l’utente non è uno UX designer! Pertanto non è in grado di scegliere quali caratteristiche, funzioni, modalità interattive un prodotto digitale dovrà avere.

Queste dovranno essere infatti il migliore compromesso possibile fra i bisogni e i gusti dell’utente da un lato, e gli obiettivi strategici e di business del committente dall’altro.

Mettere al centro le esigenze degli utenti non significa mettere in secondo piano le esigenze del cliente e i suoi obiettivi di business. L’esperienza non deve essere buona solo per l’utente finale, ma consentire una sostenibilità di business a tutto tondo per raggiungere legittimi obiettivi di marketing: conversioni, lead generation, fidelizzazione.

Fare UX significa considerare il committente come il primo vero utente del progetto, per intercettare possibili strategie e azioni di intervento. La competenza dello UX costituisce quindi il valore aggiunto, che gli consentirà di scegliere la tecnologia più adatta fra quelle disponibili e di proporre le modalità interattive, i tools, i modelli di navigazione più adeguati al progetto in corso.

Dall’analisi accurata del briefing di partenza lo UX designer dovrà comprendere e definire il posizionamento di brand che il prodotto andrà a ricoprire. La fase di design vera e propria non può avere infatti inizio senza che siano stati definiti con precisione i temi relativi all’immagine, al “tono di voce” e al “look&feel” complessivo con cui il prodotto si presenterà agli utenti. Più nello specifico, sarà importante definire una value proposition, una sintesi forte e rappresentativa del prodotto e tradurla poi in linee-guida per il design.

Questo è il motivo per cui, per ottenere un buon prodotto digitale, non basta “ascoltare gli utenti” e di certo non è neanche corretto lasciare ai committenti tutte le decisioni.

 

10) La UX è un costo? Come si misurano i ritorni economici di una buona UX?

È giusto che un imprenditore o un manager si domandi perché dovrebbe investire più tempo e più denaro in progetti digitali basati su metodologia user centred. Una prima risposta è facilmente deducibile da quanto abbiamo detto sino ad ora: la chiave della trasformazione digitale nelle aziende risiede nella adozione di una mentalità “design-centric” che generi esperienze personalizzate, rilevanti e di valore e dia vita a prodotti/servizi digitali basati su solide strategie di marketing e di comunicazione.

Per essere più specifici, alcuni altri vantaggi derivanti da un approccio di UX design alla progettazione digitale, sintetizzati per parole-chiave, sono:

  • Digital branding: la UX riesce a trasmettere al meglio i valori legati ad un prodotto, ad un servizio o un brand, grazie al giusto bilanciamento tra design delle pagine, copywriting e contenuti visuali;
  • Acquisizione di nuovi contatti: con la UX possiamo realizzare un’interfaccia specifica per chi è alla prima visita in modo da avvicinare l’utente all’azione desiderata (si pensi, ad esempio, alla sottoscrizione di newsletter);
  • Conversione delle visite: la UX appaga gli scopi degli utilizzatori perché cura ogni dettaglio visivo e interattivo finalizzati a un particolare goal strategico (si pensi al design di un form da compilare o di un bottone da premere), fino ad arrivare a estremi come “l’usabilità ingannevole”, ovvero accorgimenti di design che spingono l’utente a compiere una determinata azione online in maniera poco consapevole (le opzioni di default già selezionate ma svantaggiose per l’utente, i dati importanti occultati o lontani dal focus visivo, i testi importanti ma di dimensioni ridotte etc);

il roi della ux

Fig. 5: Il ROI della UX

 

  • Fidelizzazione dei già clienti: le persone tendono a ricordare, condividere e ripetere esperienze soddisfacenti e la UX permette di consolidare tale circolo virtuoso;
  • Riduzione dei costi di assistenza, di training e delle lamentele: grazie ai ripetuti cicli di valutazione e ri-progettazione è possibile ridurre gli errori nell’interfaccia e con essi le richieste di aiuto ed assistenza;
  • Velocità nello svolgimento dei compiti: interfacce efficaci fanno sì che le persone svolgano le loro attività (anche lavorative) con maggiore efficienza, diminuendo i tempi per l’apprendimento del sistema e per l’individuazione delle informazioni (si pensi ad esempio alle Intranet o ai software).

Abbiamo visto, quindi, che un prodotto che tiene conto dei bisogni delle persone ha maggiori probabilità di avere successo e permette di instaurare un rapporto di fiducia con l’utente, attirandolo, ma soprattutto trattenendolo. Per dirla con Cooper:

“Lo spettacolare successo di aziende come Apple ha dimostrato che un’ottima esperienza utente fa la differenza tra una fortuita buona performance del prodotto e la dominazione del mercato. L’investimento che un’organizzazione fa nello user experience design la ricompensa con maggiori vendite e una tenace lealtà da parte dei clienti.”

Che lo User Experience Design come approccio stia vivendo una fase di boom appare chiaro dal moltiplicarsi di richieste di User Experience Designers da parte delle aziende, sia per consulenze che come figure da includere nell’organico aziendale. Un numero crescente di compagnie si dota infatti di unità UX interne, o sceglie comunque di affidare ad esperti esterni la progettazione e/o la valutazione dei prodotti o servizi che offre, tanto che, fra le professioni del digitale, quella dello UX – con tutti i suoi vari sinonimi, più o meno equivalenti – è attualmente fra le più richieste (insieme al Big Data Analyst e all’esperto di Digital Marketing).

Maria Cristina Caratozzolo
PhD, Interaction Designer
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