Blog

#UX designers, chatbot e assistenti vocali

23 Giugno 2020 UX Design

Alcuni spunti di riflessione sulle nuove tipologie di interazione digitale come chatbot e assistenti vocali per capire quali conoscenze e tecniche sono necessarie agli UX designers per progettare le relative esperienze.
Il nostro lavoro quotidiano consiste nel  progettare soprattutto graphic interfaces per schermi dei device (desktop, smartphone, tablet o smartwatch); stabiliamo dove inserire gli elementi, testi, immagini e call to action seguendo le linee guida dei principi del design; creiamo l’architettura dell’informazione, l’alberatura del sito e la conseguente navigazione; curiamo le animazioni e le transizioni tra le pagine o i vari elementi. E adesso? Quali conoscenze e tecniche sono necessarie con quelle che vengono definite Zero UI?

Zero UI is the new paradigm of design when our interfaces are no longer constrained by screens, and instead turn to haptic, automated, and ambient interfaces.

Conversational Interfaces

Illustrazione di Suzey Levis

Le app di messaging, come Facebook Messenger e WeChat, si stanno trasformando rapidamente in piattaforme onnicomprensive che permettono all’utente di comprare servizi e prodotti, effettuare pagamenti, comunicare con le imprese ecc… Ogni community, servizio on demand, dating app, sito di e-commerce offre un chatbot come parte integrante dell’esperienza per aumentare il coinvolgimento degli utenti. Tali applicazioni vengono definite conversational app o invisible app poiché non utilizzano la tradizionale interfaccia grafica come mezzo di interazione ma l’intera app si sviluppa attraverso una singola schermata di messaggi, una conversazione appunto.

Chatbot

Illustrazione di Suzey Levis

Secondo molti autori, le conversational interfaces offrono una user experience migliore rispetto alle interfacce tradizionali perché più naturali e familiari: l’utente non deve cercare ciò di cui ha bisogno scorrendo menu, immagini e bottoni ma raggiunge il suo scopo semplicemente formulando una richiesta a cui viene data una risposta immediata.

A grandi linee, gli elementi quindi da considerare nella progettazione dei chatbot, consistono nel:

  • creare un efficace onboarding; come prima cosa è necessario che il chatbot si presenti e spieghi in cosa può essere utile, illustrando a quali domande è in grado di rispondere; nelle fasi iniziali è opportuno proporre poche opzioni per non disorientare il pubblico e per far sì che la “conversazione” si sviluppi in modo utile per l’utente e che sfrutti le informazioni in possesso del chatbot.
  • la cura del linguaggio, scegliere i vocaboli e il tone of voice adatti: formale, informale, scherzoso. Riportare la conversazione nei giusti binari laddove l’utente chieda informazioni non previste.
  • la scelta degli elementi grafici: anche se non è possibile utilizzare tutto il repertorio di elementi grafici che abbiamo a disposizione quando progettiamo un’interfaccia di una app o web site, è necessario scegliere con cura gli elementi di UI del chatbot ad esempio il testo con CTA o senza CTA, carosello di immagini con CTA ecc… Anche i feedback giocano un ruolo strategico nell’interazione con il chatbot perché l’utente deve percepire che la conversazione è sempre viva senza momenti di stallo.
  • la creazione della personalità del chatbot: anche nell’interazioni con il chatbot l’empatia che si crea con il pubblico è fondamentale, affinché l’utente abbia la sensazione di dialogare con un altro essere umano, trovi credibili le informazioni che riceve e viva un’esperienza piacevole. È possibile creare una personalità per il chatbot magari utilizzando una mascuotte e facendo in modo che nei tratti distintivi rispecchi il brand.

 

Chatbot

Un altro cambiamento nelle interazioni uomo- macchina è legato alla tecnologia vocale che comporta la sostituzione dei touchscreen con qualcosa di molto più efficiente e intuitivo: la nostra voce. Esempi più noti sono Siri di Apple, Google Now, Cortana di Microsoft, Amazon Echo.

Come ha evidenziato Jason Amunwa nel suo articolo The UX of Voice: The Invisible Interface, l’utilizzo della voce come interazione sta avendo un grande impatto nel design della user experience così come lo ebbero i touchscreen nel web design alcuni anni fa. I progettisti devono adattare i principi del design alle interazioni vocali per soddisfare l’esperienza dell’utente, tenendo conto di molti aspetti come la scelta del vocabolario e la comprensione delle intenzioni degli utenti. È necessario, inoltre, creare una “personalità” per l’assistente vocale per tenere vivo l’interesse dell’utente, creando una peculiarità sia nella tipologia delle risposte date sia nel tone of voice che dovrà rispecchiare la tipologia di servizio e del brand.

Alexa

Illustrazione di Suzey Levis

Le interazione vocali ad esempio richiedono una più approfondita conoscenza non solo dei possibili dialoghi tra gli utenti e gli assistenti vocali (prenotami un volo, che tempo farà domani, raccontami una barzelletta, la ricetta per la torta al cioccolato) ma anche del modo in cui gli utenti si rivolgeranno ad essi: con quali intervalli, intonazioni, accenti; ogni sfumatura avrà un impatto sull’esperienza. La stessa cosa vale per VR, la realtà virtuale, dove è richiesta una maggiore conoscenza non solo dei movimenti delle mani ma anche il linguaggio del corpo, la postura e perfino la personalità, il background culturale e l’età: tutti questi aspetti sono oggetto di studio in quanto possono incidere notevolmente sull’esperienza.

L’evoluzione dell’UX designer

Per fare in modo che gli utenti interagiscano nel modo più naturale possibile con chatbot e assistenti vocali sarà necessario attingere a discipline quali l’etnografia, la psicologia, l’antropologia per comprendere come progettare le nuove esperienze. La user research gioca anche in questo caso un ruolo fondamentale perchè solo dall’osservazione degli utenti alle prese con chatbot e assistenti vocali siamo in grado di individuare i loro bisogni, abitudini e frustrazioni.
Molto probabilmente questa specializzazione porterà alla creazione di nuove figure professionali come Artificial Intelligence Designers, Experiential Designers, Verbal Designers e altre altre ancora, di pari passo con il progredire della tecnologia.

Disegnare esperienze sempre più omnicanale

Inoltre l’utilizzo contemporaneo di più tecnologie all’interno di un singolo servizio, necessita la progettazione di un esperienza che sia fluida ed omogenea. Ad esempio immaginiamo di richiedere una corsa su Uber tramite Alexa, ricevere ETA (Electronic Travel Authorization) su Apple Watch, dividere la tariffa con un amico su Messenger ed infine valutare la corsa sullo smartphone.
In questo caso l’oggetto del nostro lavoro non sarà solo la progettazione della singola App ma l’intera esperienza che dovrà essere coerente e significativa permettendo all’utente di muoversi da un touchpoint all’altro attraverso i diversi canali.
Per disegnare questo complesso ecosistema saranno più che mai importanti quelle tecniche progettuali come le user journeys, le ecosystem maps e i prototypes che aiutano a visualizzare l’esperienza dell’utente nel suo complesso e a capire come progettare i vari passaggi da una tecnologia all’altra, da un device ad un altro e così via.

Technological Tiller

Concludo con il concetto di technological tiller che trovo molto calzante in questo contesto. L’espressione, coniata da Scott Jenson (Product Strategist presso Google), prende spunto dalle prime automobili che furono realizzate all’inizio del secolo scorso e che avevano il timone come strumento di guida. Il timone venne scelto perché era utilizzato per guidare le barche e sembrò quello più appropriato anche per guidare le automobili. Purtroppo però la guida col timone non risultava agevole e ci furono molti incidenti e grandi difficoltà nella guida. Solo tempo dopo venne inventato il volante che comportò notevoli miglioramenti tanto è vero che ancora lo usiamo per guidare.

 Per technological tiller si intende l’utilizzo di una soluzione conosciuta (il timone) applicata a una nuova tecnologia (l’automobile) pensando che funzionerà: e questo è l’errore!

Volendo trovare un esempio più recente possiamo pensare all’invenzione della tastiera digitale per l’iPhone e l’iPad che ha soppiantato la tastiera fisica -technological tiller- dei telefoni Nokia.

Una nuova tecnologia come i chatbot o gli assistenti vocali richiedono quindi un approccio nuovo nella progettazione: è necessario un cambiamento di paradigma, nuove conoscenze prese in prestito da altre discipline e saper adattare le competenze e le tecniche consolidate in modo opportuno, senza rimanere ancorati alle conoscenze acquisite nella progettazione delle classiche visual interfaces.

Costanza Mosi
UX Designer
LinkedIn